Undertale - Recensione

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Piattaforme: PC (giocata) Data di uscita: 12 settembre 2015
Avete presente le uscite sottotono? Quei giochini indie che non hanno marketing, dei quali pochi siti parlano, ma poi scopri che sono di una bellezza rara? Ecco, Undertale è uno di quelli. Realizzato da una sola persona, Toby Fox, è arrivato dopo 2,7 anni di sviluppo in seguito ad una campagna di kickstarter.
La quarta parete non esiste
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Alcune scenette sono davvero divertenti.
La trama del gioco è la seguente: un tempo gli umani ed i mostri vivevano insieme, ma scoppiò una guerra ed i mostri furono banditi nel sottosuolo, separati dal mondo umano da una barriera magica. Questa barriera può essere attraversata in un senso ma non nell’altra ed infatti il nostro protagonista precipita nel sottosuolo e si ritrova nel mondo dei mostri. Dovrà quindi viaggiare fino alla barriera per distruggerla e tornare a casa. Lungo la strada incontrerà un numero nutrito di NPC, mostri e quant’altro, tutti con una personalità eccentrica, ben definita e costruiti per rimanere impressi nella mente del giocatore. L’aspetto più riuscito della produzione è il mescolare elementi umoristici ad altri più cupi e tetri, che colpiscono all’improvviso. Il gioco inoltre e conscio di essere un videogame, con tanto di riferimento alle sue meccaniche in modo diretto. Il fatto che il giocatore può morire e ricaricare il salvataggio è qualcosa che viene riconosciuto. Non dico altro per non rovinare sorprese e colpi di scene, ma il gioco sa sorprendere enormemente. Il giocatore che andrà dritto verso il finale si ritroverà con poco a dire il vero. Prendete il tempo necessario per parlare con tutti, vale davvero la pena. Chi ha scritto il tutto è una persona intelligente e sagace e sa sempre cosa sta scrivendo.
Il gioco presenta inoltre 3 finali distinti che mettono in discussione o quantomeno si basano su elementi del gaming e possono portare a riflettere sul giocatore e sul suo ruolo all’interno del media, in modo non dissimile da Spec Ops The Line. Vista in quest’ottica la narrativa è di un certo spessore. Per il resto, ci penseranno le battute a reggere l’avventura. La sua durata si attesta sulle 4-6 ore, ma come ho già detto, il gioco invoglia ad essere rigiocato per vedere tutto da un’altra prospettiva.
Aspettative costantemente ribaltate
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Malgrado l’aspetto minimalista, i nemici hanno design e personalità strabiliante
Il gameplay è estremamente atipico per un gioco del genere. All’apparenza ci troviamo con un gioco di ruolo minimalistico, con un inventario essenziale e mappe realizzate in stile spoglio ad 8 bit. Poi le battaglie sono l’opposto delle aspettative comuni. Il protagonista durante il proprio turno può scegliere se attaccare, se usare un oggetto o se compiere azioni particolari che variano di nemico in nemico. Queste azioni possono alterare il corso della battaglia, dal pattern di attacco avversario alle statistiche dello stesso. Ma soprattutto è possibile risparmiare i nemici. Non si otterranno punti esperienza, ma è possibile compiere l’intero gioco senza uccidere un solo nemico. Durante la fase di attacco avversaria, voi sarete rappresentati da un cuore all’interno di un’area limitata ed è qui che il gioco diventa un hell shooter, ovvero uno di quegli sparatutto da cabinato dove i nemici vi sparano contro ogni cosa e voi dovrete sapientemente schivare tutto per sopravvivere. Se i combattimenti contro i nemici normali sono tutto sommato standard, con qualche pattern di attacco strano ed inventivo, il gioco da in meglio di se con i boss. Ognuno introduce una nuova meccanica, una nuova sfida da comprendere e superare. Il delirio di alcuni scontri è fuori scala. Purtroppo ci sono alcuni picchi di difficoltà non indifferenti che possono prendervi davvero male. Il gioco richiede una manualità e colpo d’occhio non indifferente. Ma il problema potrei anche essere io, visto che faccio schifo agli hell shooter. In ogni caso, il gioco ha una colonna sonora davvero pazzesca ed ogni combattimento contro i boss è puro piacere, non importa quanto starete soffrendo, sarà sempre un’esperienza galvanizzante.
Il gioco ha anche dei puzzle ambientali, tutti molto semplici, che si inframezzeranno tra voi ed il finale, ma non sono nulla di complicato o impegnativo, forse si poteva fare qualcosa di più. Le ambientazioni sono tutte piccole e lineari, delimitate, ma l’esplorazione può portare ad incontrare personaggi e luoghi di non interesse per la storia principale e il backtracking è necessario per godere almeno di uno dei 3 finali.
Gli indie continuano a regalare perle, che concentrano idee nuove, mai viste prima e che sanno davvero regalare sorprese.

Stay Classy, Internet

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