Shadowrun Hong Kong - Recensione

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Piattaforma: PC Data di uscita: 20 agosto 2015
Oramai Harebrained Schemes si è messa in condizione di annualizzare la propria serie di Shadowrun Retuns e dopo il primo capitolo nel 2013 e Dragonfall nel 2014, arriva Hong Kong nel 2015. Il gioco era già in fase di lavorazione, ma la casa di sviluppo ha deciso di lanciare un kickstarter per portarlo al “livello successivo”, riuscendo a racimolare più di 1 milione di dollari su 100.000 richiesti.
Ci troviamo di fronte ad un’altra saga edulcorata dall’annualizzazione o no?
Plot hooks
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Oramai si è capito che i giochi di Shadowrun sono uno scimmiottamento delle avventure da tavolo e quindi i loro inizi sono sempre tutti abbastanza cliché, ma poi si evolvono in spire molto complesse.
Il protagonista della storia si trova a Seattle, ma riceve una chiamata dal suo padre putativo per ritornare ad Hong Kong, per problemi non specificati. Ovviamente nulla va come deve e vi ritroverete imbrigliati nel solito giro di cospirazioni, costretti ad andare SINless (cioè ad eliminare la vostra identità dal sistema) e diventare Shadowrunner al soldo della triade locale. Hong Kong è un posto molto, molto diverso dalle precedenti ambientazioni. Qui non c’è un potere statale o anarchia, ma sono le megacorporazioni e la mafia locale a comandare ogni aspetto della vita. Il flavour quindi che si respira ad Hong Kong è allo stesso tempo familiare e diverso rispetto ai precedenti capitoli.
I comprimari sono scritti molto bene e presentano delle personalità interessanti. Ci sarà una nana decker, un’orca sciamana, un rigger russo di nome Racter (il personaggio più interessante e complesso, mi è piaciuto davvero tanto) e qualche altra sorpresa lungo la strada. Ognuno di loro ha una sua storia personale, un suo “problema” da risolvere e rispetto al passato hanno maggiori dialoghi durante le varie missioni, rendendoli ancora più partecipi rispetto ai comprimari di Dragonfall. Mi ci sono affezionato ed ero sempre curioso di scoprire le loro storie personali ed i loro pareri sulla missione appena intrapresa.
La struttura centrale della trama rimane purtroppo la stessa di Dragonfall. Avrete il vostro fixer che cerca informazioni necessarie per proseguire nella narrativa principale e nel frattempo voi compirete i lavori più disparati per “passare il tempo”. Se in Dragonfall si dovevano compiere lavori per la necessità di racimolare soldi per poter muovere la trama avanti, quindi erano tutti implicitamente propedeutici allo svolgersi delle vicende, qui il giocatore ripaga semplicemente le informazioni e la protezione ricevuta compiendo lavori per clienti vari. C’è meno grip emotivo. Fortunatamente le missioni sono tutte interessanti, ognuna che butta un occhio su un aspetto diverso del mondo di Shadowrun. Ci saranno run più incentrate sulla parte punta e clicca del gioco, che potranno essere compiute senza sparare un colpo, piene di dialoghi e personaggi interessanti ed altre più d’azione, dove saranno i proiettili a parlare per voi. Alcune missioni sono molto dirette con poca variabilità, altre avranno bivi inaspettati e colpi di scena a iosa e metteranno alla prova la vostra lealtà verso il cliente e capacità di improvvisazione. I dialoghi che il giocatore può scegliere tendono un po’ più del solito sul sarcastico cosa a me molto gradita devo dire.
Le rivelazioni a livello di trama arrivano tutte nel finale, sono abbastanza ben fatte anche se non manca qualche cliché. Le missioni ad esse legate sono anche molto avvincenti da giocare.
Alla fine del giro, la storia e le missioni sono più che buone ed i comprimari sono ottimi. Una piccola nota, senza spoiler ovviamente, sul finale. Questo lascia ancora qualche mistero irrisolto, perché durante la campagna di Kickstarter si è riusciti a finanziare una missione ambientata dopo il finale della storia. Arriverà prima di fine anno e probabilmente andrà a risolvere uno degli aspetti lasciati irrisolti della questione.
Il gioco presenta 3 finali diversi ed alcune run presentano davvero molti approcci, rendendo l’esperienza tranquillamente rigiocabile almeno una volta.
Cyberteck!
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Il gameplay è rimasto fondamentalmente lo stesso di DragonFall:DC con aggiunte qui e lì. Il gioco si divide in due parti: quella punta e clicca, dedicata all’esplorazione degli ambienti ed al dialogo, e quella di combattimento, dove il gioco si trasforma in una specie di Xcom. Ogni personaggio ha un numero di punti azione ed ogni azione ha un costo specifico e quindi bisogna gestire l’economia del turno. L’intelligenza artificiale dei nemici a difficoltà normale non brilla di certo, anzi, si è dimostrata spesso incredibilmente stupida, specie con specialisti marziali. Ho trovato il gioco molto più facile rispetto ai precedenti. Consiglio vivamente di giocare ad Hard per i veterani, dove i nemici saranno da subito più aggressivi, rendendo l’esperienza più gratificante.
La costruzione del personaggio è di tipo senza classe, con assegnamento di punti karma nelle varie statistiche in modo libero (esistono dei template pre-costruiti). Come sempre un approccio focalizzato è premiato rispetto ad uno generalista. Non è un gioco bilanciato e ci sono come al solito combinazioni migliori di altre. Anche questa volta fare un adepto marziale è un suicidio, mentre il fuciliere o il mago ermetico sono le classiche classi forti ed efficienti.
Le novità per la caratterizzazione del personaggio arrivano principalmente dal lato degli innesti cibernetici. Sono presenti delle armi da corpo a corpo integrate nelle braccia cybernetiche e queste risultano essere migliori di molto rispetto alle loro controparti non interne. La frusta a monofilamento è di una potenza berbera. Danni ingenti, fa perdere ai nemici la copertura, infligge danni da sanguinamento e diminuisce i punti azione nemici. Scala con l’abilità di tiro e nel fine gioco ho lasciato stare la minigun come arma per usare solo la frusta.
Altro cambiamento, molto gradito devo dire, apportato da Hong Kong al gioco riguarda la Matrix, l’ambiente cybernetico dell’ambientazione. Lo stile grafico rivisitato è superiore al precedente ed ora il gameplay al suo interno è molto più coinvolgente. Invece di camminare da un nodo all’altro intervallati da combattimenti, ora ci si troverà a dover evitare dei droni di sorveglianza per non mandare in allarme il sistema e quando si dovrà superare un firewall per accedere ad un nodo, si dovrà risolvere un minigioco abbastanza carino. Digitando delle sequenze numeriche velocemente si hackera meglio il sistema donandoci più tempo per la fase due che consiste nell’individuare delle sequenze di simboli avendo dati frammentati. Nulla di eccezionale, ma a mio avviso stacca benissimo il ritmo. L’unico problema è che la Matrix è stata un po’ sottoutilizzata rispetto ai capitoli precedenti. Quindi il redesign è meno di impatto di quanto potrebbe.
Il resto del gioco è molto familiare. Oramai, essendo un franchise annuale, possiamo aspettarci miglioramenti in piccole dosi.
Un fantastico diorama
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La risposta alla domanda: “ma cosa ci hanno fatto coi soldi di kickstarter?” è molto evidente. La qualità grafica delle ambientazioni è balzata in avanti di molto, diventando ricchissimi di particolari e minuzie. Sono state migliorate animazioni dei personaggi e le mesh del protagonista cambiano se questo si dota di impianti robotici. Anche la colonna sonora fa il suo lavoro e risulta come sempre molto adeguata al setting ed un paio di temi sono davvero ben riusciti e riescono ad evocare le giuste emozioni.
Ad un anno di distanza da Dragonfall DC, cosa ci troviamo di fronte? Un altro buon gioco da Harebreined schemes, che questa volta vola molto più basso per ambizione rispetto al passato, ma affina ulteriormente le meccaniche e l’aspetto tecnico del gioco. Purtroppo ho trovato la storia più debole rispetto a quella del precedente capitolo, ma è ugualmente valida.
Se volete un RPG dove la magia si intreccia con il cyberpunk, che offra un buon sistema di battaglia e che sia scritto bene, scegliendo questo non sbaglierete.

Stay Classy, Internet

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