Beta Impression - The Division Open Beta PC

 Ubisoft ha deciso di aprire l'accesso alla beta di The Division a tutti nel periodo 18-21 febbraio 2016 per far provare un po' alla gente il suo nuovo gioco e raccogliere qualche metadato nel frattempo.
Ovviamente l'ho provata insieme ad amici ed in questo articolo raccolgo la mia impressione.




Deadpool - Recensione

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Il mondo del cinema è invaso dai supereroi. Marvel e DC sono riusciti a portare su grande schermo il loro mondo fumettistico, facendo diventare mainstream una cosa che era considerata di nicchia, da nerd o per bambini/ragazzini a seconda dei singoli casi. Il mondo dei supereroi non è tutto Pegi-13 però. Ci sono molte produzioni che sono per un pubblico adulto, che sono pesanti, violente, politicamente scorrette. Netflix con Jessica Jones e Daredevil è riuscita a portare sulle TV e computer una parte di questo mondo. Quello non solo violento ma maturo. La 20th Century Fox con Deadpool porta invece la violenza infantile e lo fa in grande stile. 
Chimichanga!
Deadpool è un personaggio particolare. È molto polarizzante. Sento e leggo di tante persone che non lo apprezzano, che lo ritengono un personaggio macchietta, con le sue battute mix di cultura nerd contemporanea e scurrilità. Altri invece lo adorano nella sua costante follia e rottura della quarta parete. Io faccio parte del secondo gruppo. E posso dire che il film rende totale giustizia al personaggio. Lo script ha libertà totale, non si sente frenato da niente e nessuno. Prenderà in giro se stesso, tutti i personaggi del film ed anche tutto il genere dei supereroi ed in particolar modo il franchise legato alla Fox di maggior successo, cioè gli X-Men. Il film è stracolmo di easter egg e riferimenti, più o meno nascosti e si butta in pieno nella cultura contemporanea e nel mondo di Hollywood. Ryan Reynolds è eccessivamente più piacione del Wade Wilson originale e questo elemento invece di essere nascosto viene usato sapientemente per la trama. Non credo di aver mai riso così tanto in un film di supereroi e non parlo di una ridacchiata giusto per in stile battutine Disney, ma proprio di un paio di grasse risate e con me tutta la sala sembrava divertisti in modo piacevole. Il “Merc with a Mouth” ha centrato il bersaglio. Le battute, il testo e l’ambientazione hanno tutte più livelli di lettura ed interpretazione. Non in termini metafisici o che, ma semplicemente per gli easter egg che ho accennato prima. Più sarete esperti del personaggio e nella continuity dei film e più apprezzerete tutto quello che c’è da offrire, ma anche chi ignora tutto il materiale accessorio troverà divertimento dato dalla semplice follia del tutto. I personaggi di supporto più prominenti sono due X-Men : Colosso e Testata Mutante Negasonica. Presi completamente a caso, servono come parodia dei loro personaggio tipo in tutti gli altri film del genere ed aggiungono un po’ di effetti speciali alla battaglia finale, cosa che non fa mai male. A volte si ha la sensazione che Deadpool diventi proprio la cosa che prende in giro, ma con lui è sempre tutto sul filo. Lo stanno facendo intenzionalmente per parodia o no? Ai posteri l’ardua sentenza.
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Sotto la scorza di battute e rottura costante della quarta parete c’è effettivamente un film di super eroi. La storia è alquanto classica: si raccontano le origini del protagonista, la sua amata viene rapita dai cattivi e lui va a salvarla. Il film è sempre cosciente di se stesso e riesce a gestire bene questa storia trita e ritrita raccontandola a mo di flashback con un ritmo che non stanca e tiene tirati. La durata complessiva di 108 minuti è giusta visto che di sostanza c’è effettivamente poca ed è tanto contorno. Le scene d’azione non sono affatto male, principalmente per la decisione di realizzare questo film con un rating da R, o Pegi-18 che dir si voglia, quindi niente inquadrature fatte per nascondere i danni di armi da fuoco o da taglio. La coreografica è buona e giocano anche bene con il potere di Wade Wilson: il fattore rigenerativo. I colpi volano sullo schermo e spesso colpiscono il nostro eroe, che continua la sua avanzata con schizzi di sangue ovunque. L’impatto ed i danni sono “realistici” e la regia ci sta dietro alla grande, quindi il film sa divertire ed intrattenere anche sotto questo aspetto.
Che dire quindi? Lo consiglio caldamente perché in fondo, tra tutte le battute sconce e tutto il sangue, c’è una grande storia d’amore.
Stay Classy, Internet

Spoiler Talk: Xcom 2


Xcom 2. Uno dei seguiti che aspettavo di più, visto il mio amore per predecessore. Ecco qui che vi delizio con un'altra recensione/approfondimento nel formato Spoiler Talk. Siete, avvisati, qui parlo di tutto a tutto spiano. Per la recensione spoiler free vi rimando qui. Dopo il salto, si va giù DURO.
E tanti bei screenshots.




XCOM 2 - Recensione

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Piattaforma: PC Data di uscita: 05/02/2016
Xcom Enemy Unknown uscì nel 2012 ed è stato il tentativo di Firaxis di riportare in vita una vecchia saga, morta nel tempo, con qualche clone qua e là che faceva capolino. L’han fatto svecchiando la formula e rendendo tutto più approcciabile e più digeribile, anche se un po’ meno complesso. Con Xcom 2 hanno implementato ogni possibile miglioria, ascoltato il feedback dei fan per tirare fuori un sequel che potesse essere definito migliore in tutto.
Bentornato, comandante
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Tygan e Shen saranno il vostro capo scienziato e capo ingegnere.
Le premesse del gioco sono ribaltate rispetto all’originale e a dirla tutta un po’ rispetto a tutto il pensiero XCOM classico. Xcom 2 è un seguito della schermata di game over di Enemy Unknown. Voi non avete vinto la volta scorsa. Gli alieni si. Si sono stabiliti sulla Terra, hanno formato la coalizione ADVENT per gestire socialmente e militarmente la cosa, ci hanno dato tecnologie a cure miracolose ed hanno portato la pace. O così vogliono farci credere. In realtà, c’è qualcosa che non va. Il vero motivo dell’invasione sta a voi scoprirlo. Ora la XCOM è un’organizzazione piccola, terroristica ed ha la sua casa su una nave aliena rubata, chiamata Avenger. La narrativa non è mai stata il punto centrale degli Xcom. Quella si crea in testa al giocatore, che di missione in missione proietta le sue fantasie nei soldati che comanda. Questo Xcom 2 però cerca di aggiungere della narrativa, di rendere il tutto un po’ più personale. I personaggi parlano spesso e commentano in modo vivace un po’ tutto, le missioni della storia hanno tutte dei filmati che buttano il giocatore dentro alla scena, e la storia dietro al tutto e la sua risoluzione è interessante. Nulla al di fuori dell’ordinario, ma a mio parere impreziosisce questo Xcom ancor di più.
Il gameplay è come sempre diviso in due sezioni: la parte strategica e quella tattica. Quella strategica è molto, molto diversa. Invece di stare fermi nella vostra base a scansionare il mondo e costruire satelliti, ora i ruoli sono invertiti. Voi siete l’ufo che va in giro a fare azioni di guerriglia, mentre i nemici costruiscono basi che vanno distrutte per evitare che completino il loro progetto. E questo si fa muovendo la vostra nave in giro per il globo, contattando la resistenza locale spendendo una risorsa appositamente creata chiamata “dati”, conquistando avamposti e risorse per avere una visione globale per poter colpire gli alieni ovunque. Il gioco fa in ogni modo per evitare comportamenti passivi del giocatore e ci riesce benissimo a mio avviso. Gli alieni hanno i loro progetti di ricerca ed ogni mese cercheranno di portare a compimento 3 progetti. Voi potrete fermarne solo uno. Questi hanno effetti tangibili sul piano tattico. Avrete avversari con più armatura, con proiettili potenziati, o potrete ritrovarvi con le risorse del mese successivo dimezzate. Potete ignorare queste missioni, ma farlo vi porterà più difficoltà nelle successive. Questo sistema ha anche un altro punto di forza: si adatta al giocatore. Se per esempio sono abbastanza avanti sul piano tecnologico delle armi, ritrovarmi con più nemici in una missione non è un problema: ho la potenza di fuoco per gestirli, ma potrei avere così poche risorse che riceverne metà mi metterebbe in forte stallo. C’è sempre una scelta ottimale, ma questa varia di situazione in situazione e la natura randomica di questi avanzamenti alieni aggiunge molto pepe alla gestione strategica che si ripercuote sul lato tattico. Un altro modo che il gioco usa per mettere ansia al giocatore è il progetto Avatar. Questo è lo scopo finale degli alieni, una volta completato sarà game over. Il contatore sale inesorabilmente e starà a voi tenerlo basso mentre lavorerete alle missioni principali. Le strutture da abbattere saranno spesso fuori dai vostri confini territoriali ed è proprio questo elemento che spinge il giocatore ad espandersi e non rimanere nella sua zona confort. Gli attimi di pausa o tregua sono davvero pochi e non c’è un modo di imbrogliare il sistema. In Enemy Unknown, gli ufo attaccavano solo i paesi senza satelliti, quindi era possibile con un saggio posizionamento di questi, far avere tutte le missioni in un solo continente o in un solo stato! Qui è impossibile, arrivano problemi da tutti i lati, ma il gioco è molto onesto. Gestisce la cadenza degli eventi tramite contatori e vi darà proiezioni di rappresaglie o di attacchi della Advent, così che possiate formulare un piano al ungo termine di quando andare ad inserire le missioni principali. La vostra base mobile invece funziona come la base di XCOM:EU. Avrete delle stanze da scavare nelle quali costruire strutture che vi danno dei benefici. Il tutto è più semplificato. Ci sono meno strutture, meno posti per costruirle e non c’è la meccanica di adiacenza che forza a costruire con un layout predeterminato per avere il massimo risultato. A questa semplificazione si aggiunge però un elemento nuovo: gli ingegneri sono persone ora, con nome e cognome, ed andranno assegnati a manualmente alle strutture per avere dei bonus non indifferenti. Un esempio è il centro bellico avanzato. Questa struttura permette ai vostri uomini di imparare a caso abilità di altre classi durante la promozione e permette il respec delle abilità. Ma la sua vera utilità si mostra quando si assegna un ingegnere: la velocità di guarigione dalle ferite dei vostri uomini aumenta del 100%!! Questo sposta l’importanza sul personale e sulla scarsità dello stesso. Non si tratterà più di ottimizzare la costruzione delle strutture all’interno di un layout finale, ma di gestire al meglio la risorsa limitata di ingegneri, così da non ritrovarsi scoperti in nessun campo.
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Può sembrare molto incasinato, ma il gioco introduce lentamente gli elementi
Un’altra differenza, meno appariscente ma molto tangibile è il cambio nella produzione dell’equipaggiamento. Alcune cose sono state semplificate, altre complicate e creano un modo di procedere ben diverso dal precedente gioco. Ora, gli upgrade importanti sono una volta per tutti. Passare dalle armi convenzionali a quelle magnetiche non è più una questione di completare una ricerca e poi costruire tanti fucili quante sono le vostre truppe. Basta costruirli una volta e ci sono per tutti. Stesso con le armature. Questo è di vitale importanza perché facilita tantissimo la rotazione delle truppe. In Xcom 2 è molto più frequente rimanere feriti e quindi fuori combattimento per lungo tempo e quindi la rotazione è consigliata. Avendo l’equipaggiamento base per tutti in questo modo incentiva questo comportamento. Le cose invece che devono essere costruite singolarmente sono le armature specializzate, le armi pesanti e gli strumenti extra. Questi sono gestiti in modo semi randomico. I loro progetti costano poco, ma danno un risultato a caso ogni volta. Il mio primo proiettile sperimentale è stato quello incendiario, che ha aumentato di molto il potenziale offensivo dei miei migliori uomini, ma ad un mio amico è capitato il proiettile tracciante, che aumenta la mira ed è ottimo applicato alle reclute per diminuire il gap con i soldati più esperti. Questo duplice aspetto di sicurezza di avere una base stabile, unita all’imprevedibilità dell’upgrade extra, del plus, funziona meglio rispetto alla formula vecchia e da un livello di personalizzazione maggiore. Tutti hanno lo stesso fucile al plasma, ma avere un soldato con proiettili anti mech ed uno con anti armatura, stravolge il loro utilizzo in battaglia.
Tutta la sfera strategica non ha nulla a che spartire con la vecchia. È tematicamente appropriata, è divertente e mantiene la tensione costante. Qui Firaxis ha svolto un ottimo lavoro nel far diventare la parte più noiosa del vecchio gioco una attiva ed interessante.
Sempre di fretta, ma con stile
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La schermata di combattimento è semplice, familiare e si comanda bene con il mouse

Il piano tattico invece, quello delle battaglie è rimasto in buona sostanza lo stesso, ma i piccoli ritocchi ne cambiano molto il ritmo e la prassi di approccio. Ci sono 5 classi di personaggi, riviste e ribilanciate. Ora sono tutte quante forti ed in grado di raggiungere livelli di potenza notevoli, ma i nemici sono stati bilanciati di conseguenza. Abbiamo il Ranger che è lo specialista di infiltrazione e combattimento ravvicinato con spada, il Cecchino, il Granatiere armato di lanciagranate e minigun, lo Specialista che adopera un drone volante per amministrare cure o per hackerare a distanza e lo Psionico, questa volta una classe a parte da ricercare, in grado di scatenare potenti poteri psionici.  Se nel vecchio gioco il one shot-one kill diventava routine ad un certo punto, qui è molto più difficile portarlo a termine. I vostri soldati non avranno mai molta vita mentre i nemici si. L’aggiunta più importante è quella di un fattore di armatura, che agisce come riduzione del danno. L’armatura può essere bypassata o distrutta con strumenti ed abilità apposite quindi non è mai uno strumento insormontabile, ma richiederà un diverso approccio nell’essere gestita visto che sparare a perdifiato non è più l’unica risposta.
Il vero cambiamento però riguarda il ritmo delle missioni. La maggior parte di esse avrà un timer, un numero massimo di turni entro i quali compiere l’obiettivo. Moltissimi, se non tutti, i giochi strategici da tavolo (pensiamo a Warhammer, pensiamo ad Infinity) hanno una regola molto, molto semplice per funzionare: “tra X turni la partita finisce. Cerca di completare l’obiettivo al meglio che puoi”. E così che in Infinity si cerca di capire che mosse fare nei 3 turni di gioco per riuscire a completare l’obiettivo senza rimetterci la pelle, è così che nasce e si crea la tattica sul campo atta a minimizzare gli effetti del caso e a massimizzare il tempo a disposizione. Le missioni a tempo se falliscono non c’è una schermata di game over, ma dovrete lasciare l’area chiamando il vostro mezzo di trasporto, sempre disponibile per una ritirata tattica qualora ce ne sia bisogno. Ci sono missioni invece dove bisogna arrivare all’estrazione entro un certo tempo limite. Qualora qualcuno non ce la facesse, non verrebbe ucciso, ma catturato dagli alieni e potrebbe venir salvato in un secondo momento qualora capiti una missione di salvataggio! Io personalmente non ho mai trovato i timer stringenti, anzi, sono proprio l’incentivo che serviva a smobilitare le missioni. La “tattica” che tanti vanno in giro a paventare essere presente in EU per l’assenza di timer era la seguente: muoversi e poi mettersi in guardia, ripetutamente. Questo rendeva le missioni lente, noiose ed estremamente metodiche. Erano tutte routine e la tattica non esisteva. Ora invece bisogna sempre lottare con la volontà di giocare “safe”, di rimanere in guardia ad aspettare l’alieno e con la possibilità di non riuscire a fare le cose in tempo e fallire la missione. Era l’elemento mancante alla formula. Personalmente non ho trovato una missione noiosa o poco stimolante. Questo sistema dei timer non è onnipresente ovviamente. Gli assalti alle basi, i salvataggi di civili in missioni terrore e le missioni della storia sono tutte senza e permettono di giocare alla vecchia maniera e proprio per questo motivo spesso sono più cariche di nemici per bilanciare meglio la sfida.
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Le armi si possono potenziare con degli accessori!
Una meccanica che viene in aiuto al giocatore è quella dell’occultamento. Molte missioni inizieranno con la vostra squadra in modalità furtiva. Gli alieni non sanno che siete qui e potrete muovervi con impunità. Questo libera la possibilità di correre come dei matti fino a quando non si viene scoperti, velocizzando le fasi iniziali di esplorazione di ogni missione. Se uno è molto bravo può anche completare l’obiettivo da invisibile, anche se in quel momento spesso si viene rivelati e si passa a combattere contro tutti. Xcom 2 non è un gioco stealth, per quello c’è Invisible Inc, ma con questa meccanica ci si può giocare parecchio. È inoltre importantissima per approntare imboscate agli alieni. In Enemy Unknown gli alieni avevano sempre un movimento bonus quando erano scoperti e lo usavano per andare in copertura. Anche ora hanno il movimento, ma spesso sarete voi ad iniziare il conflitto, coi vostri termini. Iniziare il conflitto a fuoco sulla mappa uscendo dallo stato di occultamento è un’esperienza galvanizzante ed è alla base del successo dell’operazione. Questa meccanica unita all’aumento di ritmo rende il gioco spassosissimo da giocare, ma ha un grosso difetto. Enemy Unknown ora è diventato estremamente arcaico di colpo. Raramente ho visto un miglioramento tale in un sequel da rendere il precedente “una schifezza” al confronto.
Questa volta gli alieni base sono praticamente degli umani e lotteranno in modo più convenzionale, ma mano a mano che si avanza nel gioco incontrerete roba fighissima. Alieni serpenti in grado di acchiapparvi con la loro lingua per portarvi via dal vostro gruppo, grosse tute di contenimento che si riattivano una volta che l’utilizzatore è morto… davvero di alieni ce ne sono tanti, tutti ben caratterizzati ed artisticamente validi. Grazie alla capacità di hackerare i nemici meccanici e controllare psionicamente gli esseri viventi potrete provare le loro abilità sul campo nella campagna, ma il multiplayer è il posto giusto per sperimentare con loro.
Forse ci vogliono computer alieni
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Le personalizzazioni sono di più di Enemy Unknown, ma sulla roba endgame manca un po’ di varietà di stili
Le novità non sono finite certo qui. Il gioco usa una versione altamente modificata dell’Unreal Engine 3, migliorato con tecnologie moderne. Abbiamo il Subsurface Scattering, il Physical Based Rendering e tanta altra roba. Essendo uscito solo per PC, Firaxis ha potuto concentrarsi sul portare fuori il meglio da questo motore. Il gioco non ha una grafica che fa gridare al miracolo, ma nel contesto dei giochi strategici a turni è davvero favoloso. Il livello di dettaglio delle ambientazioni è notevolissimo. Il gioco usa un complesso sistema di creazione delle mappe semi procedurale. Questo ha portato a caricamenti più lunghi, ma garantisce una varietà elevata delle mappe. In sostanza c’è un layout base che assicura una buona navigazione della mappa e spaziatura tra punto di partenza e distanza dall’obiettivo. Questo layout è pieno di buchi che vengono riempiti dall’algoritmo prodedurale per avere qualcosa sempre di diverso. Il gioco ha molti biomi che rispecchiano le zone geografiche dove si compie la missione e l’illuminazione dinamica permette una riproduzione accurata della luce relativa all’orario di missione, anche se a spanne. Un mio amico è partito dall’Africa e quindi si ritrovava spesso in deserti o foreste. Io invece sono partito dalla Russia e quindi mi sono imbattuto nel bioma invernale fin da subito. Gli ambienti sono rimasti distruttibili e lo sono anche di più del primo ed ora gestiscono bene la caduta dei personaggi qualora il piano sul quale poggiano venisse a mancare causa esplosioni.
C’è un MA. Quello c’è sempre. Nonostante Firaxis sia uno sviluppatore PC e che questo Xcom 2 sia uscito solo su PC…. gira che è uno schifo. Oramai lo sapete ho un i5-2500k accoppiato ad una GTX970. Vado sotto i 30 fps quando ci sono troppi effetti su schermo. L’antialiasing MSAA è di una pesantezza allucinante e consiglio davvero di non abilitarlo, così come il V-sync, implementato davvero male, usare quello adattivo o a triplo buffering dai pannelli di controllo AMD ed Nvidia. Andando ad analizzare il consumo di risorse del gioco, si vede come la scheda grafica non è mai sfruttata al massimo, e gironzola tra il 50 ed il 75% con il processore anche lui sul 50% di utilizzo. Come mai non sfrutta le risorse hardware? Mistero. Ci sono già guide su steam su come andare a modificare il file di configurazione per ottimizzare il tutto. Qualche bug minore è presente, la mia esperienza è stata abbastanza sana, ma consiglio di disabilitare la telecamera d’azione, quella che zoomma sui personaggi quando sparano e via dicendo. Tende a buggare e causa rallentamenti nella logica dei turni. Senza si va benissimo. Spero davvero che arrivino delle patch correttive al più presto. Tra l’altro il gioco questa volta supporta le mod e viene rilasciato con lo stesso editor che hanno usato gli sviluppatori. Il potenziale è infinito e mi aspetto grandi cose.
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Il gioco si lascia apprezzare per dettagli e cura
Un sequel come non se ne vedevano da anni. Riesce a migliorare ogni singola cosa, risulta familiare eppure diverso a sufficienza ed eleva l’esperienza con un design estremamente più raffinato sotto tutti i punti di vista. I problemini tecnici mi fanno storcere un po’ il naso, ma qui siamo di fronte all’eccellenza della strategia a turni contemporanea.

Stay Classy, Internet

Homeworld: Deserts of Kharak - Recensione

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Piattaforma: PC Data di uscita: 20 gennaio 2016
Homeworld era qualcosa di magico. Nel 1999 la Relic Entertainment rilascio con Sierra uno dei migliori giochi di strategia in tempo reale mai realizzati. Per il tempo aveva un doppiaggio ottimo, un’enfasi sulla storia decisamente marcata, musiche oniriche e fenomenali ed è tutt’oggi uno dei pochi giochi strategici in vero 3D, avendo a che fare con astronavi nello spazio che si muovevano su tutte e tre le direzioni. Homeworld è un gioco magico. Se si analizza in modo asettico ed oggettivo non è il miglior RTS in giro. Ma le emozioni, i feels, che regalò furono tanti. All’improvviso nel 2010, la Blackbird interactive, formata da ex Relic e fagli ideatori di Homeworld, presentarono un sequel spirituale: Hardware Shipbreak. Per una serie di fortunati eventi, Gearbox acquisitò la licenza Homeworld da THQ e si mise d’accordo con Blackbird per rendere questo nuovo gioco un nuovo Homeworld. E così arriva Deserts of Kharak. La magia sarà ancora quella?
Homeworld….. sulla terra
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Le scene disegnate sono sempre bellissime
La preoccupazione dei fan all’inizio fu una sola: come è possibile ricreare la magia e l’esperienza Homeworld su di un pianeta? Ebbene, ci sono riusciti benissimo. Nel momento stesso nel quale avvierete il gioco, vi sentirete a casa. Musica orchestrale dello stesso tipo dei vecchi giochi, bellissime sequenze disegnate a mano che si fondono con il gameplay ed il motore di gioco, i nomi delle persone, delle cose e quella fatidica missione che cambiò tutto.
Seguirete le avventure della portaerei terrestre Kapisi, creata con l’unione delle tribù del nord, tra le quali spicca quella dei S’jet, nell’intento di andare a recuperare un artefatto al centro del deserto, chiave della sopravvivenza su questo pianeta deserto. Lungo il percorso verrete ostacolati dai seguaci di Sajuuk, che vi reputano degli eretici perché avete infranto il dettame del loro dio. Il volere dei clan del nord di ritornare alle stelle, di fuggire da questo pianeta porterà rovina e distruzione. Chi ha giocato al primo Homeworld sa come tutto andrà a finire. Per certi versi manca la tensione di scoprire cosa accadrà alla fine di tutto per i veterani. In ogni caso i personaggi ed il modo con il quale sono presentati ricalca alla perfezione quello dei vecchi capitoli e vi saprà prendere, vi terrà impegnati fino alla fine. Nulla di rivoluzionario, nessun colpo di scena inaspettato ed i personaggi non evolvono nel tempo, ma tutto è fatto per ricreare l’atmosfera giusta, anche se in questo caso troviamo un’enfasi più sui personaggi che sulle razze, come invece era nell’originale. Le 12 missioni della campagna principale scorrono però veloci, durando una mezz’oretta l’una in media, ed il pacchetto sembra un po’ più asciutto del solito, un po’ troppo veloce.
Il centro delle vostre armate è la Kapisi e meccanicamente si discosta leggermente dai vecchi giochi perché in questo caso assume un ruolo più attivo. Anche se, come la nave madre, questa portaerei è il vostro centro di produzione truppe e casa dei protagonisti, il suo ruolo in battaglia è molto più attivo. Ha a disposizione di un armamento niente male, è in grado di riparare le truppe che le sono vicine ed è la piattaforma di lancio degli aereomobili. Il suo ruolo è molto più centrale a livello di gameplay oltre che narrativamente. Per bilanciare il tutto è stato scelto di dotarla di un sistema di amministrazione di energia tra i vari sottosistemi.
Magia
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Anche lo stile della visuale strategica è lo stesso
La magia di Homeworld era anche nelle sue unità, come esse si muovevano, come era possibile osservarle in movimento con la telecamera ed ammirarne le danze. Un po’ di questo si è perso per via della mancata tridimensionalità, ma la grinta, il dinamismo e le strane proporzioni sono rimaste. Non esiste la fanteria, ma solo unità veicolari. Impossibile non vedere analogie spaziali. Le piccole unità leggere da combattimento si muovono come caccia, salendo e scendendo dalle dune, creando traiettorie circolari intorno ai nemici, cercando di essere il più sfuggevoli possibile. Grossi incrociatori di terra cannoneggiano da lontano i nemici, muovendosi lentamente, impassibili, esattamente come gli incrociatori spaziali. La cura nel dettaglio di ogni singola unità è elevato. Mi è capitato più volte di vedere i veicoli d’assalto leggero compiere dei salti ed atterrare violentemente quando scendono dalle dune e le unità tra di loro chiacchierano moltissimo, chiedendo status di riparazione, cosa vedono i sensori o parlano del più e del meno. Questo da un livello di personalizzazione e di attaccamento non da poco. Anche meccanicamente questo aspetto è rafforzato dal sistema di veterancy. Le unità accumulano esperienza e salendo di livello diventano più efficaci sul campo di battaglia e non solo: acquistano un nome proprio, che indica di solito il comandante o pilota del mezzo. Considerando che le risorse ed i vostri veicoli non si resettano da mappa a mappa, ma si conservano, ecco che il proprio esercito diventa la propria famiglia. Se in altri RTS si ha l’istinto di mandare tutto alla distruzione, tanto nel prossimo livello si inizia di nuovo da 0, qui no. Bisogna agire tatticamente, sfruttare le dune per offrire vantaggio o oscurando la linea di tiro nemica o semplicemente attaccando da posizione elevata. Le unità sono tra di loro in una relazione quasi sasso-carte-forbice e se non avete le unità giuste come counter verrete decimati ed avere una composizione varia e flessibile è la chiave per la vittoria.
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Ogni aeromobile ha le classiche scie dei motori ben visibili
Le unità aeree sono limitate e tutte gestite dal vostro incrociatore e anche le loro animazioni sono fantastiche. Quando si lanciano degli strike craft questi partono a tutta velocità dalla rampa di lancio della Kapisi, arrivano sul bersaglio, sganciano le loro bombe e ritornano alla base, appoggiandosi di nuovo sull’incrociatore in VTOL. Il loro uso è estremamente strategico e se nelle prime missioni possono essere abusabili, appena gli avversari dispiegheranno unità anti aeree, occorrerà fare attenzione e studiare al meglio il loro uso. La difficoltà della modalità storia a normale risulta molto fattibile tranne l’ultima missione, dove c’è un picco non indifferente e bisogna arrivarci ben preparati. Tutto l’impianto di gameplay si traspone anche nel multiplayer, che mette contro le due razze della campagna in poche mappe. Non è la modalità principale e sembra più un sovrappensiero, ma la modalità dove le due fazioni si battono per recuperare artefatti è interessante e sa divertire.
Graficamente il gioco è stupendo, anche se l’ambientazione deserta spinge alla monotonia e purtroppo bisogna farci l’abitudine. È anche abbastanza pesante, con il framerate che scende anche sui 15 frame su un PC di tutto rispetto con una GTX970. Il mio consiglio è di non giocarci tutto al massimo, ma di fare attenzione ai livelli di dettaglio.
Il problema è che… è poco. Sa di poco. Il design delle missioni in single player è standard, osa poco, ed è il peccato maggiore. Quando esiste qualcosa come Starcraft II che ti tiene sempre sull’allerta e stupisce sempre con un design da capogiro, Homeworld esce fuori sconfitto, stanco, attaccato al passato. Per i fan di Homeworld è qualcosa di imprescindibile, per gli altri è solo un buon RTS.
Stay Classy, Internet

01 09 10